giovedì 30 giugno 2011

Crabs addio, riposa in pace. Rimini senza basket dopo 64 anni

- La Voce di Romagna -

 Riposa in pace, vecchio Basket Rimini. Cerca di perdonare chi ti ha ucciso e chi, ovvero un’intera città, se ne sbatte completamente se dopo 64 anni non ci sei più. Prova a perdonarli, se puoi. E saluta con affetto Corrado e Gianluca Sberlati, che una vergogna così non se la meritavano, da lassù. Con loro, una fine del genere, non la si sarebbe mai fatta. Una fine ignobile, ingloriosa, indegna di tutti i campioni e di tutti i maestri di basket passati di qua. Cinque tristi righe, fra l’altro stilate dai ‘sindaci revisori’, bastano e avanzano per sentenziare la morte definitiva della massima istituzione cestistica cittadina. I Crabs non esistono più, messi in liquidazione per l’impossibilità di coprire valanghe e valanghe di debiti.
R.i.p.
E’ durata pochissimo, l’ultima assemblea dei soci della storia di via Dante. Il giorno dopo la ‘pompa magna’ della Nazionale a Rimini, col sindaco Gnassi e il presidente della Provincia Vitali a salire sul carro dei vincitori sia di mattina (al tavolo con Meneghin e Pianigiani c'erano entrambi) che di sera (il primo cittadino sul palco a dirigere a festa dell’AC Rimini promosso in Lega Pro), e proprio a 48 ore dalla Notte Rosa, emblema di una città che sta bene con le sue piade e i suoi aperitivi e non ha bisogno di nient’altro, Adriano Braschi ha comunicato ai soci (cioè a se stesso e a Vecchiato, visto che Corbelli nemmeno c’era e Capicchioni, ‘tecnicamente’, non è socio) che “le diverse trattative volte alla possibilità di individuare nuovi investitori interessati ad ampliare la base sociale sono definitivamente naufragate durante la notte scorsa - recita l’epitaffio biancorosso -. La società pertanto è stata posta in liquidazione e conseguentemente non potrà iscriversi al prossimo campionato di Legadue scadendo il 30 giugno, il termine ultimo per tale iscrizione. Ciò di fatto ha precluso anche la seconda possibilità ipotizzata: la vendita del titolo sportivo. Si chiude così, con grande rammarico di tutti quelli che hanno lottato e sperato fino all’ultimo, una gloriosa storia durata 64 anni, che ha portato grande lustro alla città, oggi apparentemente indifferente”.
Naufragati
L’agonia è finita, portandosi dietro un mare di recriminazioni, errori e omissioni che qualcuno, ovvero Adriano Braschi, avrebbe il dovere di comunicare. “Non ho altro da aggiungere rispetto a ciò che è scritto nel comunicato - la sua veloce risposta prima di riattaccare -, sono troppo amareggiato. Parlerò se e quando ne avrò voglia, ora non ce la faccio”. E’ chiaramente distrutto, Braschi, che ha diverse colpe in questa vicenda anche se addossare ogni responsabilità a lui sarebbe esagerato. Il debito di 738 mila euro, che in realtà sale a 1 milione e 38 mila euro considerando il trimestre aprile-giugno, si è cominciato a creare nella stagione 2006-07, all’alba del ‘dopo Capicchioni’. Lucky Luciano stavolta non ha voluto/potuto chiudere il buco o effettuare l’ennesimo ponte, ma come biasimarlo? Perché uno dovrebbe chiudere i buchi fatti da altri? Da quando la società è tornata in mano a Rimini Sport, è stato un susseguirsi di problemi economici, di piagnistei e canne del gas, di tentativi più o meno risibili di coprire le perdite grazie all’aiuto dei soliti, pochi imprenditori.
Responsabilità
La Public Company ha retto per 3 stagioni (dal 2006 al 2009), creando comunque un buco perché già allora si spendeva più di quanto si poteva spendere, nonostante il settore giovanile lo pagasse Luciano Capicchioni (tra parentesi, da oggi anche il vivaio 'scompare', e questa è la notizia più sconvolgente), che, magari, fosse stato trattato meglio non se ne sarebbe andato nell’estate 2006. Ormai senza alternative, Braschi è stato costretto, nell’estate 2009, a ‘credere’ alle pagliacciate di Luca Bergamini, nella trattativa ‘Riviera Solare’, il punto più basso toccato nella storia del Basket Rimini. Saltato anche quell’altarino - con la voragine che si allargava - lo scorso giugno si era riusciti, per lo meno, a coinvolgere Giorgio Corbelli - che evidentemente non ha fortuna nelle sue avventure sportive, visto che dove passa lui o si fallisce o si vende - e Immobiliare Spiga, sponsor da 350 mila euro all’anno per 3 anni (ma vi rendete conto??? E si fallisce con un introito simile!). Ma nemmeno l’ingresso di Mister Telemarket è bastato: le mancate coperture da parte di Rimini Sport, anche a causa del ‘disimpegno’ di Maurizio Melucci che fino a ‘ieri’ aveva sempre dato una mano alla palla a spicchi, mentre il ‘giro delle sette chiese’ pubblico foraggiava il calcio dopo anni di aiuti al baloncesto, unite a una gestione della prima squadra sconsiderata (due allenatori sotto contratto, budget sforato di almeno 400 mila euro, ingaggi di giocatori - Piazza e Foiera - quando non ce lo si poteva permettere) hanno spinto nel burrone i Granchi. Il tutto mentre le Istituzioni paventavano ‘futuri progetti’, senza uno straccio di contratto o sponsorizzazione che, magari, avrebbe potuto convincere Corbelli e Capicchioni a metterci un’altra pezza. Ognuno ha ciò che si merita, e Rimini evidentemente si merita questo. Cioè niente. Il Basket Rimini, però, una fine così non se la meritava. Riposa in pace, vecchio cuore biancorosso.

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